Alimentazione contadina nella Belle Époque: la saggezza dei braccianti
Nella prima parte dell’approfondimento dedicato all’alimentazione contadina abbiamo parlato dell’importanza vitale che il mais, sotto forma di polenta, rivestiva per i lavoratori dei campi. Ma è doveroso sottolineare come, ancora alla fine dell’Ottocento, tutti fossero comunque soggetti all’andamento della produzione agricola e a restrizioni non dipendenti dalla disponibilità economica ma dal ben più imprevedibile ciclo naturale. Non approfondiremo, perché facilmente immaginabili, le terribili conseguenze che aveva un’annata cattiva o una carestia. Ci soffermeremo invece su una scena che a nostro avviso stigmatizza l’importanza di questo ciclo; quanto fosse prezioso poter disporre di alimenti magari anche prima di un certo periodo dell’anno –fuori stagione, diremmo ora, nella nostra epoca di prodotti di serra. Significava abbondanza e maggiore varietà per i consumatori e un guadagno lievemente più alto per i contadini.
Lungo tutta la pellicola si segue il lavoro segreto di nonno Anselmo che si alza quando ancora è notte per andare a cospargere l’orto di escrementi di gallina che aveva tenuto da parte di nascosto dagli altri abitanti del cascinale. Un’operazione che obbedisce a un sapere antico: lo sterco “più forte” delle galline forma uno strato protettivo che impedisce alla terra di gelare, permettendo così alle piantine di germogliare e crescere più rapidamente in primavera, complice anche l’accorgimento di seminare in una posizione assolata e a contatto col caldo muro della stalla. Questo gli consente di recarsi in paese alcune settimane prima degli altri a vendere i suoi pomodori già maturi.
Volgendoci invece agli aspetti “dietro le quinte” più strettamente connessi alla realizzazione del film, potete trovare i bei portici attraversati dai nostri personaggi a Martinengo: essi adornano da seicento anni il centro storico del paese rammentandocene proprio la vocazione commerciale.