
LABORATORIO TEATRALE: LA VEGLIA DI STALLA
Il Laboratorio Teatro Officina vi invita alla presentazione del laboratorio teatrale per adulti: “La veglia di stalla“.
La finalità del laboratorio è quella di stimolare i meccanismi vocali e psicologici che permettono alla narrazione di diventare “espressiva”, cioè comunicazione viva di immagini, sensazioni, sentimenti. Vengono pertanto forniti strumenti base di conoscenza della voce umana, per poterla modulare a seconda dell’effetto espressivo che si vuol ottenere. I partecipanti all’esperienza teatrale lavorano sulle diverse qualità di emissione della voce e, di riflesso, sulla diversa qualità di interpretazione di un brano: intensità, tonalità, timbro, durata-ritmo. Tutti gli esercizi sono condotti in forma ludica e coinvolgente, in modo da rendere la lettura e l’interpretazione delle attività piacevoli, che ci conducono dentro le storie, quasi come in un’avventura, tra i suoni e i significati delle parole, dove il testo diventa lo “spartito” che gli allievi “suonano” con voce e gesti, singolarmente, a coppia o in coro.
L’obiettivo del laboratorio teatrale 2025 è quello di dare nuova vita alla “veglia di stalla” che, un centinaio d’anni orsono, veniva fatta dai contadini delle cascine della Bassa Bergamasca, quando, in inverno, i lavori della terra rallentavano i loro ritmi per la neve e il freddo. Le stalle diventavano, a quel punto, il centro della vita sociale del casale e, con il caldo delle mucche e la luce di un lume a petrolio, erano l’occasione per incontrarsi, per conoscersi e per stare insieme. La stalla, grazie al fiato e alla grossa mole dei numerosi bovini e ovini presenti, alla paglia, e anche alla fermentazione di orina e sterco, diventava la stanza più tiepida e capiente nelle gelide case contadine di quegli anni. Tutte le famiglie del cascinale, alla sera, vi si trasferivano e, spesso, si univa loro qualche vicino o qualche giovanotto venuto dal paese, che faceva la corte alle ragazze di casa. Essendo dei grandi lavoratori, anche durante la veglia, i contadini non stavano mai con le mani in mano: c’era chi aggiustava gli attrezzi agricoli, chi intrecciava i cesti di vimini, chi faceva le scope con i rami di saggina, chi sgranava le pannocchie e chi preparava le trappole per gli uccelli. Più di tutti lavoravano le donne che, con l’inverno, rimontavano il telaio e riprendevano il lavoro di filatura e tessitura. Facevano, inoltre, lavori domestici, rammendavano i panni vecchi e le maglie di tutta la famiglia. Lavoravano anche ai ferri preparando calzini, guanti e sciarpe. Le ragazze in età da marito, infine, ricamavano e preparavano il corredo, per la dote. Mentre le mani erano occupate in cento cose, fiorivano i racconti più fantasiosi, soprattutto quelli ispirati a narrazioni o a storie di paura che incantavano tutti i partecipanti alla veglia, soprattutto i più piccoli, mentre i giovani intrecciavano tenere storie d’amore, che, a volte, sfociavano in veri e propri fidanzamenti. Con il caldo delle mucche e la luce del lume a petrolio, si parlava di tutto ed era un’eccellente occasione per incontrarsi e per conoscersi. Quelli che tenevano banco, però, erano i racconti, unitamente ai proverbi, gli indovinelli, gli scioglilingua e le filastrocche, in una sorta di libro aperto, che i contadini, seppur analfabeti, sapevano gestire magistralmente, attraverso una narrazione colorita e una pantomima semplice ma di grande efficacia. L’atto fabulatorio in cascina era un rito collettivo, nel quale la comunità poteva sentirsi unita in qualche cosa di più piacevole della fatica del vivere quotidiano. I vecchi raccontavano, i giovani imparavano a ricordare. Le storie e le leggende venivano tramandate, oralmente, di generazione in generazione.